sabato 7 ottobre 2017

BRENDA LEE - di Roberto Arioli/Augusto Morini

Anche se Jamboree Magazine ha cessato l’attività, continuiamo con il blog a pubblicare parte degli articoli più significativi, ricordandovi che se siete interessati ai numeri arretrati potete richiedere le copie ancora disponibili collegandovi a:


Scheda tratta dal nr.51 di JAMBOREE - dicembre 2005/gennaio 2006


BRENDA LEE - di Roberto Arioli/Augusto Morini



Brenda Mae Tarpley nasce a Atlanta, Georgia, l’11 dicembre 1944, secondogenita di Grace Yarbrough e Ruben Tarpley, carpentiere e giocatore semi professionista di baseball che morirà prematuramente in un incidente di lavoro nel maggio del 1953.

Del 1949 è la prima esibizione pubblica di Brenda, in uno show amatoriale a Conyers, Georgia, che le procura una partecipazione fissa ad una stazione radio locale.

Nel 1951 partecipa allo show ‘TV Ranch’ della WAGA-TV, dove si mette in luce cantando il classico country ‘Hey Good Lookin’’.

Rimasta vedova, la madre si risposa con Jay Rainwater e nel 1955 la famiglia si trasferisce prima a Cincinnati, Ohio, e poi ad Augusta, Georgia.

Nel 1956 per la presenza allo show ‘Peach Blossom Special’ della TV WJAT usa per la prima volta il nome Brenda Lee, attribuitole dal produttore Sammy Barton.

Notata dalla star country Red Foley, diventa cantante fissa del suo show ‘Ozark Jubilee’, trasmesso dalla rete nazionale ABC-TV, e questo successo la porta, nel maggio 1956 a soli 11 anni, ad un contratto con la Decca.

Dalle prime sessions di luglio scaturisce un primo singolo con ‘Jambalaya’ e ‘Bigelow 6-200’ e due brani a tema natalizio che faranno parte del secondo singolo, ‘Christy Christmas’ e ‘I’m Gonna Lasso Santa Claus’, pubblicato a ottobre.

Trasferitasi con la famiglia a Nashville, agli inizi del 1957 pubblica il 45 giri con ‘Fairyland’ e ‘One Step At A Time’.

Quest’ultimo brano presenta delle concessioni al R&R del periodo e segna il suo esordio nella classifica Pop, dove sale al 43° posto.

Visti questi risultati, il singolo successivo contiene un vero e proprio R&R, ‘Dynamite’ (solo n.72 Pop ad agosto), che sarà all’origine del soprannome ‘Little Miss Dynamite’, volto a sottolineare la potente ed esplosiva voce esternata dalla minuta e gracile Brenda.

Mentre le uscite successive non hanno particolari risultati, nonostante vi siano brani interessanti come ‘Ring-A-My-Phone’ e ‘Rock The Bop’, nel marzo 1959 Brenda attraversa l’Atlantico per esibirsi dapprima al prestigioso Olympia di Parigi e poi in Germania, Italia e Inghilterra.

A dicembre la pubblicazione della ballata ‘Sweet Nothin’s’, scritta da Ronnie Self, diventa la sua prima entrata nei Top Ten con un eccellente n.4 Pop ai primi del 1960.

Il titolo è un cambio di direzione dell’artista che si allontana dal country contaminato dal rock’n’roll per privilegiare brani di stampo pop.

La scelta è azzeccata e ‘I’m Sorry’, una lenta e vellutata ballata che fa impazzire i teenager, diventa uno dei maggiori successi del 1960, rimanendo durante l’estate per 3 settimane al n.1, mentre l’altro lato del singolo ‘That’s All You Gotta Do’, scritto da Jerry Reed, entra anch’esso in classifica arrivando al n.6.

Ottimi riscontri di vendita ottengono anche ‘I Want To Be Wanted’, cover dell’italiana ‘Per tutta la vita’, nonché secondo n.1 a ottobre 1960, e la ristampa natalizia di ‘Rockin’ Around The Christmas Tree’, originariamente pubblicato nel 1958.

Dopo ‘Emotions’ (n.7 Pop ai primi del 1961) Brenda affronta una cover di ‘You Can Depend On Me’, titolo di Louis Armstrong del 1932, che sale al n.6 Pop ad aprile. Ormai non sbaglia più un colpo e molti dei singoli successivi salgono nelle zone alte delle classifiche, come ‘Dum Dum’ (n.4) e ‘Fool n.1’ (n.3).

..continua
  

giovedì 23 marzo 2017

Martha And The Vandellas

 Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Roberto Giuli  che appare sul n° 93 della nostra rivista e che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it

Indicati quasi sempre come uno dei gruppi di punta della Motown, universalmente nota “fabbrica di successi” di Detroit, fondata da Berry Gordy nel 1959, Martha And The Vandellas sono in realtà qualcosa di più.

Più vicini stilisticamente, anche se di maggior consistenza, a gruppi quali Marvellettes o Velvellettes che non, ad esempio, a Diana Ross And The Supremes, le quali difettavano di quella “patina grintosa” che poi in fondo può rappresentare la linea di confine tra pop e rhythm’n’ blues, le Vandellas consegnano alla storia un pugno di brani di grande successo tra il 1963 e il 1968.

Due di questi, Dancing In The Streets (1964) e Nowhere To Run (1965), si possono addirittura definire epocali, in particolare la seconda, riconosciuta tra l’altro da Billboard al 358° posto tra le cinquecento canzoni di tutti i tempi.

In buona parte il sound potente (il critico Jay Warner usa il termine “aggressivo) del gruppo è dovuto allo svezzamento musicale della leader Martha Reeves, classe 1941, originaria dell’Alabama, a base di gospel (il padre è pastore metodista), in particolare quello di Clara Ward, Soul Stirrers, Marion Williams.

A Martha, contrariamente a quanto successo a molti altri, non viene comunque impedito di ascoltare musica secolare, per cui già presto si esibisce nei clubs come Martha La Velle (La Vaille secondo alcuni).
Nel 1960 la giovane vocalist (già membro dei Fascinations) si unisce a Gloria Williams, Rosalind Ashford e Annette Sterling per dar vita a un gruppo, le Del - Phis, gruppo che in realtà esiste non ufficialmente fin dal 1957.

Le Del - Phis si guadagnano la possibilità di registrare un singolo per la Check – Mate Records, sussidiaria della Chess, nel 1961, la discreta I’ll Let You Know (b-side, It Takes Two), brano che mette in luce le qualità delle ragazze e che potrebbe essere tranquillamente indicato come “early soul”; ciò nonostante è un flop.

La Reeves quindi decide di recarsi alla Motown per un’audizione. Ottiene invece un posto di segretaria, tra l’altro addetta a sua volta all’organizzazione di audizioni e, appena le è possibile, coinvolge le Del - Phis le quali, con Gloria Williams alla voce solista, realizzano la buona There He Is At My Door; ma essendo sotto contratto tecnicamente con la 
Check – Mate (Chess), non resta che pubblicare il singolo per l’affiliata Melody e cambiare il nome in Vells; altro fallimento.

E’ il 1962 e la Williams se ne va, premendo affinché la Reeves prenda il suo posto, ciò non prima di aver partecipato alla registrazione di Stubborn Kind Of Fellow di Marvin Gaye, in giugno; uno dei compositori del pezzo è proprio Mickey Stevenson, produttore e “capo” di Martha.






Un cambio di nome, con il definitivo Martha And The Vandellas, ed è tempo di un singolo nel settembre ’62, I’ll Have To Let Him Go; non è eccelso e ottiene scarsa attenzione, diversamente da Come Get These Memories del febbraio 1963, realizzata dopo l’inizio del sodalizio con la premiata ditta Holland – Dozier – Holland.

Il pezzo risente sicuramente dell’esperienza del trio di compositori e raggiunge il n.6 delle classifiche r&b.
Niente rispetto a Heatwave, energetico up-tempo che arriva invece al n.1 delle r&b charts (n.4 pop di Billboard).

La canzone è un perfetto esempio di soul, con forti venature r&b e qualche coloritura gospel, viene pubblicata in luglio e nel corso degli anni diverrà un classico ripresa, tra gli altri, da Linda Ronstadt, Phil Collins, Who e dalle Supremes, che nel 1967 ne danno una versione di classe ma molto più leggera (per l’album The Supremes sing Holland Dozier Holland).

Segue Quicksand, ispirata alla precedente e pubblicata in novembre, dopo di che Annette Sterling lascia, rimpiazzata da Betty Kelley.


giovedì 23 febbraio 2017

Gene Wilder

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Agostino Bono  che appare sul n° 93 della nostra rivista e che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it

Lost Stars of Hollywood - Gene Wilder  

Gene Wilder, uno dei più grandi talenti comici del cinema americano degli anni ‘70 ed ‘80, è morto lo scorso 29 agosto, a causa di complicazioni causate dall’Alzheimer.

Era stato colpito dalla malattia tre anni fa, ma non si era mai rassegnato ad essa e confidava nella guarigione.

Il suo nome di battesimo era Jerome Silberman ed era nato a Milwaukee, nel Wisconsin, l’undici giugno del 1933.

Sin da ragazzo mostrò interesse per la recitazione. Studiò teatro e cinema alla University of Iowa e, dopo la laurea, si trasferì in Inghilterra dove proseguì gli studi al Bristol Old Vic Theater.


Ritornato negli States, studiò ancora all’Herbert Berghof Studio sotto la direzione di Uta Hagen, attrice di origine tedesca, che divenne una leggenda in America come insegnante di recitazione. Lasciò l’istituto tre anni dopo per passare al celebre Actors Studio di Lee Strasberg.

Nel 1963, fece il suo debutto in teatro al fianco di Anne Bancroft in Mother Courage and her children.

L’attrice lo presentò all’allora suo fidanzato, Mel Brooks, con il quale avrebbe formato uno dei sodalizi artistici più celebri del cinema americano.

Nel 1967, comparve in una piccola parte nel film Gangsters Story, i cui protagonisti principali erano Faye Dunaway e Warren Beatty.



Il successo e la fama vennero l’anno dopo con il ruolo di Leo Bloom nel capolavoro di Mel Brooks, Per favore, non toccate le vecchiette. Il film gli valse una nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista.

Nel 1971, fu protagonista in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Il film, tratto dal celebre libro per bambini ‘Charlie and the Chocolate Factory’ di Roald Dahl, fu accolto tiepidamente al botteghino ma ebbe un notevole successo di critica ed è divenuto negli anni una sorta di cult.

L’anno dopo, Woody Allen gli affidò il ruolo del Dottor Ross in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere). Il film ottenne incassi notevoli e, ad oggi, rimane uno dei film più conosciuti di Woody Allen





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sabato 4 febbraio 2017

LORENZO PILAT (Pilade)

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Augusto Morini  che appare sul n° 93 della nostra rivista e che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it


Nato il 24 giugno 1938 a Trieste, Lorenzo Pilat cresce e studia nella città natìa, sviluppando un interesse per il canto che lo porta a cantare anche in chiesa. 

Verso il 1958, con l’arrivo del rock and roll si appassiona al nuovo genere e ai suoi primi grandi interpreti tra i quali, in particolare, Elvis Presley. 

All’inizio dei ’60 inizia ad esibirsi, accompagnandosi alla chitarra, in alcuni locali della città quali, ad esempio, la Birreria Dreher. 

Nel 1963 giunge a Milano, anche per avvicinarsi all’ambiente del più importante centro dell’industria musicale italiana. Qui entra in contatto col Clan Celentano e l’anno successivo pubblica, con lo pseudonimo Pilade, sul marchio Ciao!Ragazzi, il suo primo disco con ‘Ciao ciao ciao’, versione italiana di ‘Bye bye love’ degli Everly Brothers. 

Il disco è uno dei partecipanti alla prima edizione del Festivalbar, organizzato dal presentatore Vittorio Salvetti, un concorso basato sul numero di ascolti ottenuto da un certo numero di dischi distribuiti in 4000 juke-box sparsi per l’Italia. Ad ogni modo, essendo il Festivalbar una gara musicale tra le canzoni, il premio maggiore fu assegnato a Pilade, mentre a Bobby Solo spettò un premio speciale.

Mentre inizia a partecipare a spettacoli e tournée organizzate dal Clan, fra il 1965 e il 1966 pubblica, sempre su Ciao!Ragazzi, alcuni singoli con titoli rock come ‘Charlie Brown’ e ‘La mia ciccia’, canzone ispirata ‘Summertime blues’, un classico di Eddie Cochran. 

Sempre nel 1966 registra ‘Il ragazzo della via Gluck’ cantato con Ico Cerutti e Gino Santercole sotto il nome ‘Trio del Clan’, brano da loro presentato al festival di Sanremo di quell’anno in accompagnamento alla versione di Adriano Celentano. 

L’emozione gioca un brutto scherzo ai tre cantanti che durante la loro esibizione invertono l’ordine di esecuzione delle strofe, contribuendo così all’esclusione della canzone dalla serata finale della manifestazione canora.

Passato all’etichetta madre Clan, nuove incisioni di buon successo sono ‘La legge del menga’ (partecipante al Cantagiro 1967), ‘Non sono Frank Sinatra’, ‘Il re d’Inghilterra’, presentato ancora a Sanremo nel 1968 in coppia con Nino Ferrer, e ‘Un po’ di vino’, cantato in coppia con Celentano. Dopo qualche altro 45 giri nel 1970 passa alla Mercury dove, però, realizza un solo singolo senza seguito.

Dal 1971 inizia a utilizzare per le sue produzioni discografiche il proprio nome, Lorenzo Pilat, che, comunque, stava usando già da tempo per firmare le sue composizioni, spesso realizzate assieme agli altri autori Daniele Pace e Mario Panzeri

Nel 1966, sebbene formalmente non citato, è fra gli autori di ‘Nessuno mi può giudicare’, grande successo di Caterina Caselli. 

Fra le molte altre sue composizioni si notano ‘La rosa nera’ (Gigliola Cinquetti, 1967), ‘Sole spento’ (Caterina Caselli, 1967), ‘L'attore’ (Adriano Celentano, 1968) e ‘Alla fine della strada’, quest’ultimo, presentato da Junior Magli e i Casuals al Festival di Sanremo del 1969, viene poi ripreso in versione inglese (‘Love me tonight’), diventando un grande successo di Tom Jones

Negli anni ’80 il successo e il numero di passaggi radiofonici registrato negli Stati Uniti dalla versione di Tom Jones fanno vincere a Pilat l’ambìto Grammy Award in qualità di autore della musica.




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domenica 22 gennaio 2017

Madeleine LeBeau


Lost Stars of Hollywood 



Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Agostino Bono che appare sul n° 92 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 



L’attrice francese è morta lo scorso 1 maggio, nella cittadina spagnola di Estepona, a causa di complicazioni sopravvenute in seguito alla frattura di un femore.

Era nata il 10 giugno 1923 nella cittadina francese dell’Hauts-de-Seine, Antony.

Si crede che fosse l’unica protagonista ancora in vita del cast di Casablanca dove recitò nella parte di Yvonne, amante abbandonata di Humphrey Bogart.

Debuttò al cinema in Ragazze in pericolo nel 1939.

Nello stesso anno, sposò l’attore Marcel Dalio con il quale aveva recitato in alcune opere teatrali nel proprio paese.

La giovane coppia raggiunse gli Stati Uniti nel 1940 poco prima che prima che le truppe naziste invadessero Parigi.




Ebbe subito l’occasione di recitare in La porta d’oro, con Charles Boyer e Olivia de Havilland, e Il sentiero della gloria, al fianco di Errol Flynn.

Nel 1942, divorziò dal marito che aveva avuto, anche lui, una piccola parte nel capolavoro di Michael Curtiz.

Recitò in Paris After Dark, Marisa ed in una produzione teatrale a Broadway, The French Touch, prima di fare ritorno a Parigi.

Continuò ad essere protagonista in film francesi di discreto successo sino alla metà degli anni sessanta.

Nel 1950, fu protagonista nel film inglese La gabbia d’oro, al fianco di Jean Simmons. Negli anni sessanta recitò anche in Italia.
FILMOGRAFIA
1939 - Ragazze in pericolo (Jeunes filles en détresse) non accreditata
1941 - La porta d'oro (Hold Back the Dawn)
1942 - Il sentiero della gloria (Gentleman Jim)
1943 - Casablanca (Casablanca)
1943 - (Paris After Dark)
1944 - Marisa (Music for Millions)
1947 - I ribelli della Vandea (Les Chouans)
1948 - Il segreto di Montecristo (Le Secret de Monte-Cristo)
1950 - La gabbia d'oro (Cage of Gold)
1950 - (Et moi j'te dis qu'elle t'a fait d'l'oeil)
1951 - Desiderio proibiti (Dupont Barbès)
1951 - (Paris still sings)
1952 - (Fortuné de Marseille/Toucasse de Marseille)
1953 - (L'étrange amazone/Geliebte des Arztes)
1953 - (Mandat d’amener/Monsieur le procureur)
1953 - (Lightly and shortly dressed)
1953 - (L'aventurière du Tchad /A carne é Fraca)
1954 - Il porto delle bionde (Quai des blondes)
1954 - Le avventure di Cadet Rousselle (Cadet Rousselle)
1955 - Napoleone Bonaparte (Napoléon)
1955 - (La pícara molinera/Diabruras de, amor)
1956 - Il fantastico Gilbert (La Pays d'ou je viens)
1957 - Una parigina (Une Parisienne),
1958 - La vita a due (La Vie à deux)
1959 - (Vous n'avez rien à déclarer?)
1959 - Furore di vivere (Le Chemin des écoliers)
1963 - 8½ / La bella confusione
1964 - Sfida a Rio Bravo (Desafío en Río Bravo)
1964 - Angelica (Angélique, Marquise des anges)
1965 - (La vuelta)
1967 - (La bouquetière des innocents) TV
1960 - (Allo Police) TV serie



sabato 31 dicembre 2016

Memories of....California 1976-2016

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Augusto Morini  che appare sul n° 92 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 


Memories of....California 1976-2016


Gli ‘amici americani’



Per un concatenarsi di eventi, nella primavera del 1976 ebbi modo di incontrare, a Milano, un ragazzo americano giunto tempo prima in Spagna per un corso di perfezionamento sulla lingua spagnola. 

Per il tramite di conoscenze di entrambi eravamo entrati in contatto e ci incontrammo la prima volta in Piazza del Duomo.

Era il 16 marzo, giornata piovosa e ancora invernale e l’inizio di una lunga amicizia.

Il giovane Randy Wheeler, originario di La Jolla, una località residenziale alla periferia di San Diego, era un appassionato di musica e collezionista di dischi ma aveva anche altri interessi, e in Europa aveva il tipico atteggiamento dell’americano che, con alle spalle solo un paio di secoli di storia, vuole conoscere da vicino quello che ha studiato  all’università sulla storia dei paesi europei...

Ad ogni modo ci trovammo subito in sintonia e in breve me lo scorazzai in giro per Milano portandolo, malgrado il tempo ancora invernale, anche in cima al Duomo e in alcuni altri posti per i pochi giorni che restò da noi.

Nel 1971 avevo già conosciuto un altro ragazzo americano il quale, ospite del nonno materno abitante a Como, era intervenuto all’anteprima del film ‘Elvis, That’s the Way it is’ (in Italia ‘Elvis Presley Show’), tenuta a Milano la mattina del 20 maggio al cinema Metro-Astra di Corso Vittorio Emanuele.

Ronnie Weiser era un ragazzo simpatico, esuberante e anche scatenato, non solo per Elvis, ma anche per tutto il rock and roll/rockabilly. Alla prima del film erano arrivati diverse altre persone che conoscevo, fra i quali l’amico Livio Monari di Recanati, fondatore del primo fan club italiano di Elvis, e svariati soci del suo club. 

Nel pomeriggio, con Ronnie, Livio e qualche altro, ci ritrovammo a casa mia a parlare di musica, e con l’occasione approfondii la conoscenza di Ronnie.

Ron Weiser

Ronald Weiser nasce nel 1946 a Milano da padre tedesco e madre egiziana e cresce in Egitto, Austria e Italia. Nella seconda metà degli anni ’50 Ronnie, che in quel periodo vive a Como, entra in contatto col rock and roll, diventando un grande appassionato sia di questa nuova musica che di tutti gli aspetti della vita americana, tanto che verso la metà dei ’60 lui e la famiglia si trasferiscono negli Stati Uniti, dapprima in Florida e poi in California.

Stabilitosi col fratello in un appartamento di North Hollywood, Ronnie termina gli studi, laureandosi alla UCLA in ingegneria elettronica, e qualche tempo dopo si trasferisce in una villa a Van Nuys, nella San Fernando Valley, a nord di Los Angeles.


Nel corso del 1969 entra in contatto con alcuni fan club europei di rock and roll ‘originario’ e si rende conto che il genere è ancora popolare nel vecchio continente, mentre nel suo paese d‘adozione è praticamente quasi ‘dimenticato’.

Fonda allora l’Hollywood Rock’n’ Roll Fan Club, pubblicando la fanzine ciclostilata Rollin’ Rock, e inizia quella che sarà una vera ‘crociata’ a favore del rock and roll classico.

Nella grande Los Angeles Ronnie ha modo di rintracciare, e incontrare, svariati artisti del rock’n’roll degli anni ’50 che colà vivono, primo fra tutti uno dei suoi idoli, Gene Vincent, che fra l’altro abita non molto distante da lui.

Nell’agosto/settembre 1971 Gene Vincent effettua in casa di Ronnie quelle che saranno le sue penultime registrazioni, mentre le ultime avranno luogo a Londra il 1° ottobre per la BBC, poco prima della sua improvvisa e prematura scomparsa che avviene l’11 ottobre in un ospedale di Saugus (Los Angeles), a causa di una emorragia interna. 

Questi quattro brani, completati con l’overdubbing di alcuni strumenti, vedranno poi la luce nel 1980 in un album della Rollin’ Rock Records.

Difatti, vista la richiesta da parte dei soci del club di nuovi dischi di rock and roll/rockabilly, dai primi anni ‘70 Ronnie mette in piedi anche un’etichetta discografica, la citata Rollin’ Rock Records.

Con essa Ronnie rimette in circolazione vecchie e/o rare incisioni dei ’50 di artisti più o meno conosciuti, delle quali acquista i diritti di riedizione. 

Ma ben presto inizia ad effettuare nuove registrazioni nel proprio garage-studio, avvalendosi di nuovi musicisti emergenti ma anche di ‘vecchi’ ma ancora validi artisti degli anni ’50, oramai da tempo fuori dal giro.

Primo fra questi un certo Ray Campi, ora insegnante di inglese, che conta un unico buon successo rockabilly nel 1956 con la sua ‘Caterpillar’.

Campi è un ottimo musicista polistrumentista e su di lui Ronnie basa quello che poi diventa il Rollin’ Rock Sound. 

Un ‘suono’ scatenato, trascinante, molto ‘pulito’ e ruspante, che si ispira a quello pionieristico realizzato nei ’50 da piccole etichette come, ad esempio, la Sun Records di Memphis.

Dal 1973 Ronnie inizia a pubblicare album di ‘vecchi’ artisti rockabilly quali Campi, Mac Curtis, Johnny Carroll e Jackie Lee Cochran, ma da’ spazio anche a nuovi giovani artisti del genere, quali Colin Winski, Jimmie Lee Maslon, Johnny Legend, Billy Zoom. 



E del 1980, prodotto da Ronnie, è anche ‘American Music’, primo album dei Blasters, grande formazione californiana dei fratelli Phil e Dave Alvin.

Indubbiamente l’attività svolta da Ronnie in questi anni diventa uno degli elementi portanti del grande ‘rock and roll revival’ che ha luogo sia negli Stati Uniti che in Europa, con la nascita di nuove etichette discografiche che riscoprono vecchie e dimenticate registrazioni e anche attraverso spettacoli e tour revivalistici, che riportano alle luci della ribalta artisti dimenticati, ma ancora vigorosi e sempre validi.
 
Gli Stati Uniti

Il mio interesse per gli Stati Uniti era nato fin da bambino attraverso i fumetti di Topolino e soci, ma anche quelli western di Tex Willer e, in particolare, di Pecos Bill.

Poi si aggiunsero i film americani, western e non, e i romanzi gialli, principalmente quelli dell’investigatore Philip Marlowe e dell’avvocato Perry Mason, entrambi ‘residenti’ a Los Angeles.

Curiosamente l’autore di Marlowe, Raymond Chandler, aveva un ‘collegamento’ con la famiglia di Randy, in quanto lo scrittore aveva abitato dal 1949 fino alla morte, nel 1959, a La Jolla (San Diego), ed era stato un cliente abituale della stazione di servizio dove lavorava il padre di Randy.

Durante i tre anni delle scuole medie e i primi due di istituto tecnico, per recarmi a scuola transitavo obbligatoriamente da una piazza dove stazionava una di quelle mitiche bancarelle di libri e riviste usate di una volta, oggi quasi del tutto scomparse.

Qui furono inevitabili centinaia di fermate per osservare ‘questo e quello’, cose fra lei quali figuravano anche corpose quantità di riviste americane di grande formato e super illustrate, come Life, Look, The Saturday Evening Post e altre che, in parte, iniziai a comprare in quanto, oltre ad offrire foto di vari luoghi e genti e spettacolari pagine pubblicitarie che mostravano ‘spezzoni’ di vita americana, mi servivano anche per far pratica della lingua inglese che stavo studiando.




domenica 11 dicembre 2016

ELVIS PRESLEY - Extended Play italiani

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima della guida "ELVIS PRESLEY  -  Extended Play italiani" 
a cura di  Augusto Morini  (3a puntata) che appare sul n° 92 della nostra rivista 
che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it


Il 78 giri di ‘Heartbreak Hotel’/’I was the one’ è il primo disco di Elvis ad esser pubblicato in Italia, nel maggio 1956.

E nella pubblicità effettuata contemporaneamente dalla RCA sulla rivista mensile ‘Musica e Dischi’ Elvis è soltanto uno dei tanti artisti dell’etichetta.

A giugno però il cantante, sempre sulla stessa rivista, comincia a distinguersi dagli altri con un rettangolo tutto suo che segnala ‘Heartbreak Hotel’ come ‘disco del mese’.

Di settembre è l’uscita del suo primo E.P. ‘Rock’n’Roll Rhapsody’ dove, in contrasto con le direttive del Colonnello Parker, manager del cantante, Elvis, sempre con la stessa canzone, figura al fianco di altre tre artisti.


   
A ottobre finalmente Elvis viene ‘lanciato’ alla grande come ‘Re del rock and roll’ con un paginone rosso fuoco che annuncia l’uscita contemporanea di ben sette 78 giri, un 45 giri, un Extended Play e un Long Play.

 All’epoca i dischi maggiormente diffusi erano ancora i 78 giri ma fra di loro e gli ancora poco conosciuti 45 giri, a due canzoni, e i più costosi 33 giri si inserisce l’Extended Play, un 45 giri a ‘lunga durata’ che offre quattro canzoni ad un costo in genere inferiore a quello di due 45 giri e che si presenta con una affascinante confezione fotografica ‘cartonata’ che riproduce in piccolo quella degli LP.

La produzione discografica di Elvis prosegue intensa sulle quatto tipologie di dischi fino alla primavera del 1958 quando si interrompe l’emissione dei 78 giri.




La ‘battaglia’ sul mercato della popolarità prosegue fra il 45 giri singolo e l’EP, a suon di nuove uscite e ristampe delle precedenti su entrambi i fronti ma verso l’inizio dei ’60 l’EP inizia a perdere terreno nel favore del pubblico e per quanto riguarda Elvis, le ultime ‘nuove’ uscite sono del 1962.

Fra il 1963 e 1964 vengono rieditati alcuni suoi vecchi EP, anche con copertine ‘aggiornate’ con la sua immagine del momento, ma il tentativo non riesce e le vendite sono basse, e ciò spiega anche la rarità di alcune di queste edizioni.

A questo punto la RCA chiude la produzione del 45 giri EP, salvo utilizzarlo ancora in seguito, sporadicamente, per particolari edizioni promozionali fuori commercio.
  
Questo lavoro vuole passare in rassegna tutti gli EP italiani realizzati a nome di Elvis, con le relative riedizioni conosciute fino a questo momento ma, viste le esperienze avute negli anni, non è escluso che ve ne siano altre ancora  mancanti all’appello.

Di diverse edizioni segnalate nell’elenco si hanno delle notizie, più o meno complete, ma non ancora la conferma fisica della loro esistenza.





..continua sul n°92 di Jamboree Magazine.